Lo specchio della verit? from WAGC’s Italian Director
I’ll see if Ican get Carlo to translate into English
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Lo specchio della verit?
Di Carlo Stagnaro
http://www.forces.org/stagnaro
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Ogni tanto l?America vera, profonda, buca il muro del silenzio, diventa pi? luccicante di una scenografia hollywoodiana e conquista spazio sui giornali. Ultimamente ? toccato alla numerose rete di individui e associazioni che, nel paese a stelle e strisce, sono accomunati dalla passione per le armi da fuoco e dalla determinazione a difendere quella che Charlton Heston ha definito “la nostra prima libert?”.
Epper? capita anche che i giornalisti conoscano quel mondo come io conosco la biologia molecolare, cio? nulla. Su Specchio, il settimanale de La Stampa, in edicola lo scorso 11 maggio 2002, Anita Coduri ha dedicato un ampio e (mal) documentato servizio a “donne e armi”, reinterpretando a proprio uso e consumo la realt? e dipingendo a tinte fosche quello che invece ? un quadro felice, che dovrebbe far saltare di gioia le femministe nostrane.
Anzich? mendicare l?aiuto e la stampella dello Stato, infatti, le attiviste di associazioni come Women Against Gun Control (http://www.wagc.com), Armed Females of America (http://www.armedfemalesofamerica.com) e Second Amendment Sisters (http://www.sas-aim.org) si sono rimboccate le maniche e hanno rivolto al gentil sesso un invito: “imparate a difendervi!”. In questo non vi ? nulla di allarmante o di ironico, anzi: chi non abbia gli occhi foderati di prosciutto non potr? vedervi altro che un grande sintomo di civilt? ? quello che a noi ancora manca, insomma.
Ha buon gioco la Coduri a sciorinare statistiche (talora corrette, altre volte prive di referenza e di fondamento) sulla criminalit? rampante. Ci? che Specchio non scrive ? che i delinquenti si sono fiondati in tutti quei quartieri, citt? e stati che hanno regolamentato in modo pi? o meno rigido il possesso e il porto delle armi per difesa personale. N? ha senso deridere, o guardare dall?alto in basso, quegli americani che, dopo la tragedia dell?11 settembre, si sono messi ai ripari acquistando armi e munizioni. Di fronte al lampante fallimento degli organismi pubblici, il cittadino responsabile e di buonsenso si organizza per tutelare il bene pi? grande: la vita sua e dei suoi cari.
Del resto, anche noi dovremmo preoccuparci. Non solo, infatti, i criminali imperversano ? dalle rapine nelle ville ai furti d?auto, dagli scippi al delitto pi? odioso e meschino, lo stupro ? e le forze dell?ordine non riescono, per ragioni evidenti, ad arginarli. Ma addirittura polizia e carabinieri, come ha scritto Guglielmo Piombini, sono di fatto “la polizia privata della nomenklatura”. Non per cattiveria o negligenza, va da s?: ma perch? gli ordini ricevuti dall?alto li obbligano a comportarsi in questo modo. “A conferma di questa tesi ? prosegue lo studioso bolognese ? basti osservare che a Genova l?organizzazione del G8 ? costata centinaia di miliardi in imposte: una violazione statale della propriet? privata di tante persone cui del G8 non importava nulla, e che ne avrebbero anzi fatto volentieri a meno. Le forze di polizia sono state pagate sicuramente con le imposte dei genovesi (e di altri italiani), non certo dai politici e dai burocrati riuniti nel G8. Eppure, ai secondi i dimostranti non sono riusciti a torcere un capello, ma nessuno gli ha impedito di sfogarsi sulle propriet? dei genovesi. Dunque: prima lo Stato ha depredato la propriet? privata per organizzare il summit e garantirsi la propria sicurezza, poi non l?ha protetta dall?assalto dei manifestanti”.
Bisognerebbe semmai chiedersi come mai i cittadini genovesi, l?anno scorso, non abbiano reagito alle devastazioni messe in atto dai cosiddetti noglobal. Una parte della risposta va senz?altro cercata nell?aspettativa di ricevere un indennizzo da parte del governo ? non del tutto a torto, peraltro, visto che proprio il governo ? il vero responsabile dell?accaduto, se non altro per la pretesa di tenere il meeting in una citt? cos? difficilmente gestibile. Ma vi ? anche una componente meno razionale: il sentimento di scoramento diffuso, la paura che un atto di autodifesa finisca per avere strascichi giudiziari ben pi? gravi del danno che impedisce, il timore insomma della reazione di un paese talmente bizzarro da ritenere un furto non la sottrazione di propriet?, ma la propriet? in s?.
Nelle donne americane che prendono le armi, dunque, c?? ben pi? di un banale fenomeno di costume o di una pur forte sfiducia verso le istituzioni governative. C?? la determinazione a farsi rispettare e a non essere pi? inermi e indifese di fronte alla violenza dei malviventi. E c?? la volont? di non dover pi? gravare unicamente sulle spalle di padri, mariti e funzionari dell?ordine: c?? insomma un anelito di indipendenza e di libert?.
Come ha spiegato Nancy Herrington (Women Against Gun Control) ad Armi Magazine, “il diritto a difendersi fa parte del diritto a vivere. Noi poniamo l?accento sul questo diritto, e in particolare sul diritto a possedere e portare pacificamente e responsabilmente gli unici mezzi atti a garantire il diritto alla vita e alla libert?. Le armi da fuoco sono “oggetti di difesa e deterrenza” che vengono impiegati proprio a questi scopi oltre due milioni di volte ogni anno. Sarah Brady, Hillary Clinton, Diane Feinstein, Rosie O?Donnell, Barbara Boxer e le altre donne della loro risma non sono “ostili alle armi”. Al contrario, sono semplicemente “estremiste contro i diritti umani” e si comportano come tali, di fatto favorendo quelle masnade di “criminali e predatori, terroristi e tiranni” che non possono far altro che danneggiare la nostra pacifica societ?. Chi conosce le armi, conosce la libert?, e i criminali preferiscono che le proprie vittime siano disarmate”.
D?altro canto, il servizio di Specchio (che pure ? assai pi? equilibrato di articoli letti su altre testate) richiama alla memoria le grandi stragi, come quella alla Columbine High School (Colorado) o la recente sparatoria nel liceo di Erfurt (Germania). Quello che non viene detto ? che, in entrambi i casi, leggi pi? o meno severe contro l?uso delle armi gi? esistevano, e o hanno permesso l?accaduto, o non hanno potuto impedirlo. Che sia l?una o l?altra, si sono rivelate inefficaci: in termini economici, a fronte di un beneficio evidentemente nullo, hanno imposto alla societ? il tremendo costo di non potersi difendere dalle aggressioni dei criminali comuni.
L?articolo termina citando alcuni dati desunti dal libro di Michael Bellesiles, Arming America: The Origins of a Naitonal Gun Culture. E qui fa un vero autogol. La versione che Bellesiles d? della storia americana ?, diciamo cos?, estremamente personale: potrebbe insomma andare bene per un romanzo fantastorico, non certo per un?indagine storiografica. Infatti, il docente della Emory University ? stato accusato di frode. Si dice che abbia tabulato male le statistiche, modificandone alcune e omettendone altre, trascurando registri e relazioni che avrebbero smentito le sue tesi, male interpretato o addirittura mal riferito parole altrui.
Gerard Rosenberg, docente alla University of Chicago e sostenitore del controllo delle armi, ha affermato: “Da quello che ho visto, l?evidenza ? talmente lampante che Michael Bellesiles, da studioso serio, dovrebbe rispondere. Deve ammettere i propri errori, o mostrare in qualche maniera che il suo lavoro ? nel giusto”. Simile l?opinione di Eric Monkkonen, anch?egli docente universitario di tendenze sinistrorse e avversario della libera circolazione delle armi: “Mi sembra che le critiche verso i suoi errori e il suo uso dei dati disponibili siano ragionevoli e questo mi spinge a rivalutare il libro”. Inoltre, Bellesiles si ? pubblicamente rifiutato di rispondere ai suoi critici pi? seri, prendendo in considerazione soltanto le contestazioni pi? ingenue.
Nel suo tentativo di riscrivere la storia, peraltro, il docente americano sostiene che il Secondo Emendamento sia in sostanza un accidente della storia, un espediente volto a incitare i cittadini americani (all?epoca ? secondo lui ? pressoch? disarmati) a procurarsi pistole e fucili. Egli, in pratica, tenta di leggere il diritto l? affermato come se fosse limitato a quei cittadini che prendono parte alla Guardia Nazionale o ad altri corpi armati dello Stato ? mentre la lettera costituzionale parla esplicitamente di “milizia” (popolare) e afferma che “il diritto del popolo di detenere e portare armi non potr? essere infranto” n?, quindi, limitato.
In pratica, secondo i critici Bellesiles avrebbe giocato al ribasso, valorizzando solo una parte della documentazione esistente (quella favorevole alle sue idee politiche). Di fronte alle accuse, ha sistematicamente evitato di replicare. Intervistato, ha sempre dato risposte evanescenti, talvolta contraddittorie. Dopo la bufera che si ? scatenata sul suo nome, addirittura alcuni premi che stava per ricevere sono stati ritirati. Larry Pratt, segretario dell?organizzazione Gun Owners of America (http://www.gunowners.org) non esita a definirlo “un mentitore”.
Se Specchio non ha di meglio a cui appellarsi per sostenere la propria bizzarra tesi di un?America ostile alle armi, vuol proprio dire che le sue cartucce hanno fatto cilecca.
Carlo Stagnaro